TERRORISMO CONTRO LA BIOSFERA
DI MOTI 
NISSANI
Nel 1948, Henry A. Wallace, vice-presidente dell’amministrazione Roosevelt, 
disse che gli Stati Uniti erano di fronte ad un bivio, e che sarebbero potuti 
diventare “la nazione più odiata di tutta la storia dell’umanità.” Ci è voluto 
un bel po’ prima che la previsione di Wallace divenisse realtà, in parte a causa 
della brillantezza del sistema propagandistico americano e, in parte, grazie al 
fatto che, all’interno della propria nazione, l’americano bianco medio ha potuto 
godere di un periodo di prosperità, libertà e tolleranza. Ma ora questi vantaggi 
trans-nazionali stanno pian piano scomparendo e diventa così più difficile 
vendere il modello di vita americano al mondo. La propaganda è in qualche modo 
stordita da un altro grosso handicap: l’imperturbabile politica estera 
espansionistica che appare sempre più come un’agghiacciante reminiscenza del 
longevo Impero Romano e dell’effimero Terzo Reich. 
Il neo-colonialismo è in forte crescita, i centurioni e le guarnigioni 
statunitensi ricoprono il globo mentre i funzionari locali, eletti 
legittimamente, vengono continuamente rimpiazzati con la forza per far posto ai 
collaborazionisti. Dobbiamo comunque tenere a mente che non c’è niente di nuovo 
nelle brutalità che continuamente si abbattono sulle persone colonizzate e sui 
cittadini dell’impero stesso; forse si può dire che fino ad ora la classe 
dirigente americana ha causato meno distruzione su Baghdad rispetto a Gengis 
Khan, meno sofferenza a Cuba rispetto a Colombo, meno dolore in America Latina 
rispetto alla Spagna, meno ferite sulla propria popolazione rispetto a ciò che 
hanno fatto le oligarchie ateniesi o siracusane sui loro cittadini. E, per 
quanto inaccettabili siano queste violenze, esse non pongono una seria minaccia 
alla sopravvivenza della razza umana. Si può sopravvivere a tutto ciò e sperare 
che Albert Einstein avesse ragione quando affermava che gli USA stanno 
impazzendo, che “non sono in grado di recepire suggerimenti sensati” e che il 
loro sviluppo sta seguendo le orme “della Germania nel periodo dell’Imperatore 
Guglielmo II: attraverso numerose vittorie fino al disastro finale”. In altre 
parole, una persona può sopportare e sopravvivere ai crimini dell’impero e 
continuare a sperare che un giorno la razionalità, la fratellanza e la civiltà 
trionfino. Anche in una Falluja rasa al suolo, in un’assediata Santiago de Cuba, 
nel terrore di Port-au-Prince, in un’oligarchica Riyadh, in un’oscura Gaza, si 
può ancora sognare di essere liberi – magari non noi stessi, ma almeno qualcuno 
dei nostri compatrioti o il genere umano in generale.
A mio modo di vedere, l’attacco terroristico più imperdonabile è quello che ci 
deruba di questo sogno. E ora gli Stati Uniti stanno proprio facendo questo. 
Parlando di ambiente globale, gli USA stanno deliberatamente mettendo in 
pericolo le fondamenta biologiche e fisiche della vita stessa; ed è precisamente 
questa noncuranza che potrebbe trasformare questo ex bastione della libertà 
nella nazione più odiata della storia. La guerra contro la biosfera viene 
condotta su un fronte molto ampio che include sovrappopolazione, armi atomiche e 
biologiche, centrali nucleari, deterioramento dell’ozono, ed estinzione di 
numerose specie animali e vegetali. In questa sede posso solo spiegare questo 
assalto frontale sottolineando le numerose sfaccettature di un solo crimine 
ambientale: l’effetto serra (o riscaldamento globale).
Gli Stati Uniti sono probabilmente l’unica nazione che rifiuta di ammettere 
l’esistenza di una minaccia enorme quale l’effetto serra, oltre ad essere di 
gran lunga il peggior inquinatore sulla faccia di questo verde pianeta coperto 
di smog. Il mondo brucia, i grandi industriali rubano mentre l’America ci 
propina le proprie sviolinate sotto forma di “public relations”.
Ogni giorno siamo bombardati da una nuova notizia che ci viene presentata come 
decontestualizzata rispetto al quadro generale. Il livello del diossido di 
carbonio nell’atmosfera è in costante aumento, così come gli altri gas serra. 
Ogni decade è più calda della precedente, gli inverni sono più corti e meno 
rigidi mentre le estati più lunghe e torride. Tempeste di violenza inaudita 
devastano le Filippine, il Giappone e i Caraibi. Alcune zone del mondo sono 
oppresse da siccità senza precedenti mentre altre vengono sommerse da veri e 
propri diluvi. Le calotte polari si sciolgono e il livello degli oceani sale. Le 
cimici provenienti dal nord Africa colonizzano le isole britanniche.
Sebbene questi fatti siano soggetti ad ampi margini d’errore, essi sono 
sostenuti dagli studiosi indipendenti di tutto il mondo. Le vere controversie 
scientifiche (al contrario delle “controversie” architettate da Wall Street e 
dai sui servi in Madison e Pennsylvenia Avenue) si preoccupano esclusivamente 
del futuro. Noi scienziati non possiamo predire con certezza trend futuri di 
entità così complesse come il clima globale (oppure l’economia mondiale). 
Dobbiamo invece ricorrere a esperimenti, modelli informatici, calcolo delle 
probabilità, estrapolazioni e proiezioni. La nostra sfera di cristallo (e la 
sfera di cristallo della Scienza, nonostante le sue pecche, è ancora la migliore 
a nostra disposizione) mostra mari che si innalzano con alcune città che 
andranno a far compagnia ad Atlantide. Diverse specie continueranno ad 
estinguersi, più velocemente di oggi, malattie tropicali si diffonderanno a nord 
e gli uccelli migratori diverranno sedentari. Morti e catastrofi si 
moltiplicheranno raggiungendo un livello che ridicolizzerà il collasso del World 
Trade Center e le sofferenze del popolo guatemalteco.
Nella nostra sfera di cristallo non mancano neppure gli scenari apocalittici: 
uno di questi vede come protagonista il metano, un gas serra ampiamente diffuso 
nel sottosuolo ghiacciato del polo nord. Il riscaldamento globale potrebbe 
provocare il rilascio di questo gas nell’atmosfera con conseguente ulteriore 
innalzamento delle temperature nella zona Artica; temperature più elevate 
porterebbero a un ulteriore scioglimento del ghiaccio con sempre più metano che 
evapora nell’atmosfera e sempre più calore. Potrebbe innescarsi una reazione a 
catena troppo spaventosa per essere presa in considerazione. Questo scenario è 
stato suggerito circa 10 anni fa dal professor Gorge Woodwell per spiegare che “l’abitabilità 
del pianeta Terra è chiaramente in discussione.”
Gli apologisti americani usano come pretesto la scarsità di risorse, asserendo 
che anche dando per scontato il problema del surriscaldamento globale, gli USA 
non potrebbero permettersi di fare qualcosa per ovviare a ciò. Ma questa è solo 
una sfacciata menzogna, e non solo perché gli USA sono ben felici di spendere 
qualsiasi somma per conquistare l’Iraq e smantellare il proprio sistema 
progressivo di tassazione, e non solo perché assicurarsi la sopravvivenza nel 
lungo periodo giustifichi qualsiasi costo. Si tratta di una enorme falsità per 
una semplice ragione: nel 1992, in uno dei rari sprazzi di lucidità dei media 
filo-governativi, su Newsweek è apparso il seguente articolo.
“Durante la precedente amministrazione Bush, le statistiche riguardo i fondi 
destinati alla riduzione dell’effetto serra mostravano un aumento da 100 
miliardi di dollari a un incomprensibile 3.600 miliardi. Questi calcoli 
contenevano però una sbalorditiva omissione: il modo di controllare l’emissione 
di carbonio consiste nel rendere più efficiente l’utilizzo dell’energia e quindi 
questi numeri prendevano in considerazione solo i costi sostenuti per 
l’implementazione di nuove tecnologie senza però contare il valore del 
carburante risparmiato. Gli analisti Armory e Hunter Lovins mostrarono in uno 
studio del 1991 (destinato poi a diventare una pietra miliare della letteratura 
di questo settore) come sia possibile immaginare di ridurre le emissioni di gas 
serra producendo profitti… Oggigiorno la Casa Bianca [di Bush] sta portando 
avanti la propria Strategia Nazionale per l’Energia [la quale non riesce a 
comprendere] che la conservazione delle risorse, il controllo dell’inquinamento, 
la riduzione dei costi per l’energia e la difesa contro il surriscaldamento 
globale, sono obiettivi che potrebbero essere raggiunti simultaneamente grazie a 
un impegno generalizzato per migliorare l’efficienza dei combustibili… [Inoltre, 
dalla prospettiva di una forte crescita della popolazione mondiale e di un 
miglioramento degli standard di vita a livello globale] dei significativi 
miglioramenti dell’efficienza in campo energetico sono imperativi qualunque 
temperatura, in aumento, in calo, o invariata, mostri il termometro.”
Le opinioni di Newsweek sono supportate da numerosi studi, alcuni dei quali 
sviluppati dalle più rispettate e conservative organizzazioni scientifiche 
americane, come la United States National Academy of Sciences (in un rapporto 
del 1992) oppure lo stesso Ministero per l’Energia degli Stati Uniti (nel loro 
imponente studio del 1997). Il totale dei risparmi derivanti dalle politiche di 
riduzione delle emissioni di gas serra si possono solo azzardare, ma 
personalmente tendo ad accettare la stima che li vuole attorno ai 220 miliardi 
di dollari all’anno, considerando solo gli USA.
Per convincere noi stessi che mitigare il problema dell’effetto serra costa meno 
di niente, immaginiamo che ai costruttori di automobili venisse imposto di 
produrre vetture che consumano un litro ogni 75 km al posto che ogni 20; la 
tecnologia per fare ciò esiste da almeno 20 anni e, con la produzione in serie, 
questo tipo di automobile potrebbe essere costruita allo stesso costo delle 
attuali “succhia-benzina”. Con un veicolo più efficiente, l’americano medio 
potrebbe risparmiare circa 600 dollari l’anno di carburante. Se estendiamo 
questi risparmi anche al riscaldamento, illuminazione, centrali, motori 
elettrici e così via, rendendoli disponibili dalla Redwood Forest fino a New 
York Island, potremmo sfruttare incredibili ricchezze. Inoltre, conservando i 
combustibili fossili, gli Americani potrebbero risparmiare alcuni dei miliardi 
spesi per curare asma e cancro. Ecco perché il senso civico, la storia, 
l’economia e l’ecologia convergono tutti in una direzione: il mondo può 
risparmiare miliardi combattendo con decisione l’effetto serra.
Rimangono quindi aperte delle domande: Cosa sta succedendo nel nostro paese? 
Perché gli USA mettono a repentaglio la sicurezza del mondo intero? Perché si 
rischiano inutilmente la salute ed il benessere dei propri cittadini? Perché 
distrarre la loro attenzione dai veri problemi attuali? Perché si gioca alla 
Roulette Russa con il futuro delle specie? I politici americani sono 
completamente pazzi? Maligni? Idioti?
Sicuramente mancano di buoni principi, visione del futuro e comune senso civico 
ma tutto ciò non basta, a mio parere, per giustificare il terrorismo ambientale. 
La risposta più comune, al momento, è che i politici americani sono solo degli 
aiutanti delle grandi imprese e trascorrono la maggior parte del loro tempo 
lavorativo chiedendo favori di ogni genere, incluse le tangenti (chiamate “contributi 
per la campagna elettorale”). In cambio, i loro padroni si aspettano che essi 
saccheggino la biosfera e i popoli di tutto il mondo, e per convincere i propri 
cittadini che, in un modo o nell’altro, “il business dell’America è business”, 
per citare le parole del presidente Cleveland. Questo è ciò che fanno 
allegramente i politici corrotti alleati con i principali mass-media, 
utilizzando vergognosi strumenti di propaganda ed eufemismi come “la riduzione 
delle tasse” (trasferimento di benessere dall’80% della popolazione più povera 
all’1% di quella ricca), “guerra al terrorismo” (il cui scopo reale è di far 
dimenticare alla gente comune quali sono i reali nemici e facendoli votare 
contro le loro convinzioni e i loro interessi), e lo stesso Jesu di Nazareth (il 
quale, si dava il caso, fosse campione di pacifismo e giustizia sociale).
I politici americani sono in altre parole vittime di un sistema politico 
completamente corrotto, ma non sono gli unici. I nababbi americani, appollaiati 
sul proprio seggio dorato, sono anch’essi ingranaggi di questo sistema. Questi 
pezzi grossi hanno troppo poco tempo per la storia (Ford: “La storia? Tutte 
frottole!”), poco gusto per la letteratura e nessuna compassione per i loro 
compagni di viaggio verso la tomba. Sono vittime di un maligno sistema 
competitivo che non tiene conto del futuro e si preoccupa ossessivamente solo 
del prossimo resoconto trimestrale. Le persone che dirigono Exxon e General 
Motors devono vendere sempre più petrolio e SUV per salvaguardare la propria 
carriera, ed in assenza di un’importante regolamentazione, le regole del gioco 
li obbliga a opporsi al risparmio di energia, a distruggere qualsiasi accordo 
internazionale significativo, a minare il futuro dei propri cuori, polmoni, 
mogli e figli, e a portare il debito pubblico a livelli astronomici. Se 
dovessero svegliarsi e agire secondo la propria nuova mentalità a favore dei 
diritti umani, perderebbero il loro lavoro, il loro potere, il loro prestigio e 
la loro Porche. Non ci sono furfanti in questa tragedia cosmica, bensì solo un 
borioso gigante che sta portando la Terra e le sue creature sull’orlo del 
baratro.
“La storia”, disse Kurt Vonnegut, “leggila e piangi”. Se i crimini americani 
contro la natura non verranno contrastati, ci saranno molti più pianti, odio e 
digrignare di denti, prima che finisca il 21° secolo.
Moti Nissani insegna alla Wayne State University. Alcune delle sue pubblicazioni 
possono essere consultate a: www.is.wayne.edu/mnissani/
Fonte:www.dissidentvoice.org
Link:
http://www.dissidentvoice.org/Nov05/Nissani1123.htm
23.11.05 
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ANDREA GUSMEROLI